Contatti

Il nuovo codice della crisi d’impresa e i rischi per gli amministratori

Il nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza si appresta a compiere un anno. La sua introduzione – una delle ultime decisioni del governo Draghi – risale infatti al 15 luglio scorso, anche se la sua gestazione è di ben più lunga data – si è iniziato a dibatterne prima del Covid.

Per il mondo delle imprese italiane si tratta di una piccola rivoluzione, con importanti conseguenze nell’approccio alla gestione aziendale che andremo ad analizzare in questo articolo.

Se da una parte infatti il nuovo Codice adotta un approccio maggiormente in linea con la mentalità anglosassone e punta a favorire la continuità aziendale anche nei casi di crisi, dall’altra mette amministratori e imprenditori di fronte alle proprie responsabilità, facendo di conseguenza crescere il rischio di dover rispondere di tasca propria degli errori commessi (e soprattutto del mancato monitoraggio dei conti).

Ma vediamo nel dettaglio quali sono le principali novità del nuovo Codice della Crisi di impresa e, successivamente, quali i rischi (e i possibili rimedi) per amministratori e imprenditori.

MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE

Il nuovo Codice della Crisi di impresa si basa su un principio di ragionevolezza: prima si individuano le situazioni di potenziale crisi, maggiori sono le probabilità di salvare l’azienda, garantendo così l’attività economica, le entrate del Fisco, l’occupazione dei lavoratori e, ovviamente, la ricchezza degli imprenditori.
Il modello, anche se non dichiarato, è il famoso Chapter 11 statunitense, che ha come principale obiettivo quello di favorire la continuità aziendale, dando priorità alla sopravvivenza dell’impresa rispetto ai diritti dei creditori.

La strada scelta dal legislatore italiana è differente nelle modalità, benché simile nell’obiettivo. Si obbliga infatti gli amministratori a monitorare lo stato di salute dei conti, per rilevare il prima possibile segnali di stress.
La “vecchia” legge fallimentare prevedeva invece l’intervento solo quando le difficoltà erano ormai conclamate.

LA DEFINIZIONE DI CRISI

Per comprendere il funzionamento del nuovo Codice è necessario partire dalla definizione di “crisi” in esso contenuta: si tratta dello “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.
Come accennato, lo stato di crisi viene identificato ben prima che questa si materializzi effettivamente (“probabile insolvenza”) e il metro di giudizio sono i flussi di cassa su un orizzonte temporale di un anno.

Nel caso in cui l’analisi del cash flow indichi una situazione in rapido peggioramento ma la situazione non sia ancora irrimediabilmente pregiudicata, l’imprenditore può chiedere di ricorrere alla “composizione negoziata”, un percorso riservato e stragiudiziale.

LE DUE ALTERNATIVE, COMPOSIZIONE NEGOZIATA E LIQUIDAZIONE SEMPLIFICATA

Per attivarlo deve rivolgersi alla sua Camera di Commercio per la nomina di un esperto indipendente, il cui compito sarà quello di agevolare le trattative con i debitori nell’ottica di un superamento dello squilibrio economico-finanziario.

In caso contrario, ovvero quando non esistono misure in grado di riportare in equilibrio i conti dell’azienda, il nuovo Codice ha introdotto un nuovo istituto, quello della “liquidazione semplificata” per la liquidazione del patrimonio.

LE RESPONSABILITÀ DI AMMINISTRATORI E IMPRENDITORI

Anche sul fronte delle responsabilità è stato introdotto un approccio “anglosassone”.
La filosofia adottata potrebbe essere sintetizzata nel motto: “Chi sbaglia, paga”.

In particolar modo la normativa punta a “costringere” amministratori e imprenditori ad adottare le misure necessarie per monitorare i flussi di cassa e, di conseguenza, la stabilità dei conti aziendali.
Nell’articolo 2476 del Codice Civile, dopo il quinto comma, è inserito il seguente: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”.

Il mancato monitoraggio dei flussi di cassa può dunque essere addebitato agli amministratori.

LO SCUDO DELLE POLIZZE D&O

Alla luce delle novità introdotte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza assumono ancora maggiore importanza le polizze D&O, la cui funzione è proprio quella di tenere indenni gli amministratori, i dirigenti e, più in generale, tutto coloro che di fatto esercitano un potere, controllo e coordinamento su una organizzazione, ma che hanno anche il non trascurabile effetto secondario di tutelare del patrimonio aziendale.

In questo articolo puoi trovare una completa disamina delle caratteristiche e del funzionamento delle polizze D&O

Articoli recenti